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Danno da perdita di un congiunto

  • fabio304
  • 31 mar 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

In questi giorni la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi su un caso di perdita di prossimo congiunto. Si tratta di un caso di incidente stradale, tuttavia la pandemia rende il tema di grande attualità e si impone alla nostra riflessione.

In relazione al decesso di C.M., avvenuto a seguito di incidente stradale, P.R. e C.S. -rispettivamente, madre convivente e sorella della vittima - agirono per il risarcimento dei danni. Il Tribunale di Roma, dato atto del già avvenuto versamento di 290.000,00 Euro alla P. e di 50.0000,00 Euro alla C., condannò i convenuti, in solido, al pagamento della residua somma di 17.734,66 in favore della prima e di 69.160,60 Euro in favore della seconda. A seguito di appello dalla P. e dalla C., la Corte di Appello ha riformato parzialmente la sentenza, riconoscendo alla P. il risarcimento del danno patrimoniale (quantificato in 52.939,15 Euro, oltre interessi legali dalla data della sentenza) che era stato negato dal primo giudice. Avverso tale pronuncia la compagnia assicuratrice convenuta ha proposto ricorso per cassazione

Con l'Ordinanza Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 17-11-2020) 26-03-2021, n. 8622, la Suprema Corte, respingendo il ricorso e dato atto della correttezza delle decisioni sia di primo che di secondo grado, ha avuto modo di ricordare che il danno conseguente alla morte di un congiunto (o "danno parentale") consiste, di per sé, nella perdita della relazione col familiare e si sostanzia - al tempo stesso e congiuntamente - nella sofferenza interiore e nell'alterazione del precedente assetto esistenziale del congiunto superstite; entrambi gli aspetti, sono intimamente connessi, benché suscettibili, nelle singole ipotesi, di una valutazione separata (come ripetutamente affermato dalla Corte: Cass. 901/2018; Cass. 7513/2018; Cass. 2788/2019; Cass. 28989/2019, ed ancora, più di recente, da Cass. 8887/2020).

Il duplice aspetto risarcibile, sia della sofferenza morale che della privazione, ovvero diminuzione o modificazione, delle attività dinamico-relazionali precedentemente esplicate dal danneggiato, comporta che la somma attribuita a titolo di risarcimento deve tenere conto del pregiudizio complessivamente, subito sotto entrambi i profili (Cass. n. 23469/2018).

Se pensiamo alle testimonianze di questi giorni relative alla pandemia, non possiamo non concordare sulla profonda attinenza alla realtà dei criteri individuati dalla Suprema Corte di legittimità.

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